Alcuni lo chiamano benessere organizzativo, altri benessere lavorativo, altri ancora benessere aziendale. Quello che conta è che si tratta di un concetto che riscuote sempre più interesse all'interno delle organizzazioni. In questo articolo troverai informazioni sul benessere organizzativo e alcuni suggerimenti concreti per metterlo in atto, oltre ad alcuni spunti di riflessione sul ruolo che i leader e i manager ricoprono nel renderlo effettivo in azienda.
Il benessere organizzativo: soddisfazione e produttività
Il Ministero dell'Istruzione e del Merito definisce il benessere organizzativo come "la capacità di un'organizzazione di promuovere e mantenere il benessere fisico, psicologico e sociale di tutte le lavoratrici e di tutti i lavoratori che operano al suo interno", aggiungendo che studi e ricerche hanno dimostrato che le organizzazioni più efficienti sono quelle con dipendenti soddisfatti e un clima interno sereno e partecipativo.
"La motivazione, la collaborazione, il coinvolgimento, la corretta circolazione delle informazioni, la flessibilità e la fiducia delle persone", si legge sul sito del Ministero, "sono tutti elementi che portano a migliorare la salute mentale e fisica dei lavoratori, la soddisfazione degli utenti e, in definitiva, ad aumentare la produttività".
Sulla correlazione fra soddisfazione dei lavoratori e produttività dell'azienda si esprime anche l'ILO(1) (International Labour Organization), specificando che diventa sempre più chiaro il nesso fra molti problemi sul luogo di lavoro e l'insufficiente impegno che le aziende riservano ai bisogni dei dipendenti.
Sempre secondo l'ILO, lo scopo delle misure per il benessere aziendale è integrare gli interventi per la sicurezza e la salute sul lavoro in modo da garantire che i lavoratori siano al sicuro, in salute, soddisfatti e coinvolti nel lavoro. Prima la sicurezza e la salute, poi la soddisfazione e l'engagement: il benessere organizzativo si pone quindi nella parte alta di una piramide di Maslow che Nicole Buso, PM Gestione Risorse Umane di Resolve, illustra così:
- Bisogni fisiologici con retribuzione e riposo congrui;
- Bisogni di sicurezza fisica in un luogo di lavoro sicuro;
- Bisogni di appartenenza attraverso coinvolgimento e affiliazione con gli altri;
- Bisogni di stima grazie al riconoscimento del contributo dato dalla persona e al rispetto reciproco;
- Bisogni di autorealizzazione valorizzando le soft skill e inibendo possibili pregiudizi.
Il welfare aziendale
Uno strumento concreto per contribuire al benessere dei dipendenti è il welfare aziendale. Secondo la definizione fornita da Martina Mauri, ricercatrice dell'Osservatorio HR Innovation Practice e dell'Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, è "un insieme di benefit e prestazioni non monetarie erogate a favore dei dipendenti, con l'obiettivo di migliorare la qualità della vita e il benessere dei lavoratori e dei loro familiari. In questo modo si incrementa il potere d'acquisto delle famiglie senza aumentare il loro reddito imponibile e il peso dell'erario sul datore di lavoro".
Si tratta quindi di una situazione favorevole sia per i dipendenti che per le aziende: i primi godono di servizi, le seconde degli effetti benefici derivanti dalla maggior soddisfazione del personale, e tutto ciò accade senza che le due parti subiscano un aggravio fiscale.
Regolato da tre commi dell'articolo 51 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), il welfare aziendale ha ricevuto slancio dalle modifiche introdotte dalla Legge di Stabilità del 2016 e da quella del 2017. La sua portata è stata ulteriormente ampliata – anche se limitatamente al 2022 – dal Decreto "Aiuti-bis" e dal Decreto "Aiuti-quater": quest'ultimo innalza a 3000 euro il tetto dell'esenzione fiscale per i fringe benefit.
L'importanza del welfare aziendale, e più in generale del benessere lavorativo, è cresciuta dopo la pandemia. Il Quinto Rapporto Eudaimon-Censis sul welfare aziendale spiega che, in modo apparentemente contraddittorio, i lavoratori italiani non scappano dal proprio posto di lavoro ma al contempo ne sono insoddisfatti. Diventa quindi fondamentale per le aziende promuovere l'engagement, e per farlo occorre un'evoluzione del purpose aziendale. In questo quadro si colloca anche l'azione del welfare aziendale, che "oltre a contribuire a rispondere alla persistente fame di reddito, deve fare la sua parte nel ricostruire motivazione, appartenenza, riconoscimento, identità", trovando soluzioni adeguate alla soggettività delle persone.
Il welfare aziendale porta quindi dei benefici all'azienda anche in termini di employer branding e fidelizzazione. In più, attivando servizi assicurativi, formativi, di assistenza e culturali, impatta positivamente sull'economia locale, dimostrandosi così anche uno strumento di Corporate Social Responsibility.
Il ruolo della leadership
Ma il benessere organizzativo non si esaurisce nei pur importanti fringe benefit che un'azienda può concedere ai suoi dipendenti. Oltre che con i vantaggi materiali, il benessere lavorativo si costruisce con procedure, relazioni, stili di leadership, cioè tutto quello che ha un'influenza decisiva sulla riuscita di qualsiasi strategia o misura adottata in azienda. E in questo campo un ruolo fondamentale è giocato dai vari livelli di management, cominciando dai più alti.
Quali altri aspetti deve considerare, quindi, una persona ai vertici di un'azienda che vuole contribuire al benessere dei suoi collaboratori? Ecco alcuni spunti da parte di accademici, ricercatori ed esperti.
Controllo del lavoro e supporto sociale
In un articolo pubblicato sul sito di McKinsey(2), il teorico degli affari e professore di comportamento organizzativo Jeffrey Pfeffer invita, quando si parla di benessere aziendale, a non trascurare alcuni fattori che hanno a che fare con il lavoro in sé e non solo con ciò che vi sta intorno. Pfeffer individua due aspetti in particolare: il controllo del lavoro e il sostegno sociale.
Il controllo del lavoro – cioè il livello di discrezionalità nel determinare cosa fare e come farlo – ha un impatto importante sulla salute fisica e anche mentale dei dipendenti. Le organizzazioni possono proteggersi da questi pericoli creando ruoli con maggiore fluidità e limitando il micromanagement, cioè il controllo ravvicinato che pone eccessiva attenzione ai dettagli minori.
Pfeffer prosegue affermando che il sostegno sociale – cioè famiglia e amici su cui poter contare – può avere un effetto diretto sulla salute e attenuare le conseguenze di vari stress psicosociali, incluso lo stress sul posto di lavoro. Si è rilevato che persone meno integrate socialmente e persone con bassi livelli di supporto sociale hanno tassi di mortalità più elevati. Sfortunatamente, sostiene Pfeffer, i luoghi di lavoro a volte hanno caratteristiche che rendono più difficile costruire relazioni e fornire supporto. Ne sono un esempio le pratiche che favoriscono la competizione interna e gli approcci in cui le persone sono viste come fattori di produzione, senza molta connessione emotiva tra le persone e il loro posto di lavoro. Bisognerebbe invece dimostrare impegno nell'offrire aiuto, incoraggiare le persone a prendersi cura l'una dell'altra, adottare un linguaggio non divisivo e supportare la condivisione, il team building e il senso di comunità.
Attuazione dei valori aziendali
Caterina Gozzoli e Diletta Gazzaroli del Dipartimento di Psicologia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore invitano a considerare il benessere organizzativo più come un processo che come un prodotto, e affermano che promuovere un ambiente favorevole al benessere e allo sviluppo dei lavoratori richiede di prestare attenzione non solo alle "macro-dimensioni" – come le percezioni di sicurezza e continuità nel tempo, il bisogno di relazione, la valorizzazione e lo sviluppo delle competenze, l'autonomia – ma anche a come questi fattori possono assumere connotazioni e percezioni diverse in relazione a "micro-dimensioni", quali, ad esempio, genere ed età, e quindi alla forma concreta che può prendere, nelle diverse situazioni, l'attuazione delle linee guida generali impostate dal top management.
E sempre a riguardo dell'attuazione dei valori aziendali, su Forbes(3) Laura Putnam, speaker, autrice e fondatrice di Motion Infusion, discute di come i front-line manager abbiano un ruolo chiave nel massimizzare il successo dei programmi di benessere lavorativo.
"Gallup ha scoperto che i manager possono rappresentare il 70% dei livelli di coinvolgimento dei dipendenti", riferisce Putnam. "I senior leader danno il tono e allocano le risorse per le iniziative di benessere, ma i manager di linea alla fine danno (o negano) il permesso ai sottoposti diretti di prendere parte a questi sforzi".
Per Laura Putnam i problemi sorgono quando i manager pensano che gli sforzi per il benessere ostacolino il raggiungimento delle performance. "I manager possono resistere passivamente saltando le iniziative per il benessere, minimizzandone verbalmente l'importanza o glorificando una cultura del posto di lavoro attiva 24 ore su 24". In questo caso rientrano in gioco i senior leader, che "devono aiutare i manager a capire perché il benessere fa bene alle persone, all'organizzazione ed è essenziale per costruire team ad alte prestazioni, e spiegare come gli studi dimostrano che le aziende che investono nel benessere globale ottengono risultati migliori sul mercato azionario".
Conclusione
Abbiamo visto come il benessere organizzativo sia oggi un tema importante per le aziende e per i dipendenti, e come la sua effettiva realizzazione abbia diversi aspetti, a partire dagli strumenti di welfare per arrivare all'attuazione dei valori aziendali da parte dei singoli manager.
Speriamo di aver fornito qualche indicazione utile che, unita all'esperienza e alla sensibilità personali, possa aiutare a rendere l'azienda un ambiente più piacevole in cui lavorare, pieno di motivazione e produttivo.